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Sezione Documenti contrari al GdR

Articolo di Cesare Fiumi

da: Sette del Corriere della Sera, nr. 15 - 1997
Autore: Cesare Fiumi, caposervizio di "Sette"

Sono un cacciatore di taglie, in spalla ho una faretra con frecce avvelenate e in mano un grosso arco. Ho 23 anni e sono un «umano». In lotta contro le forze del Caos e dell'Anarchia, (peccato, perché mi starebbero pure simpatiche). La mia scheda personale dice che ho riflessi fulminei e I'abilità di schivare. Ho anche un nome, Erich. E vengo da Schlafebild. che sorge in un sanguinario medioevo fantastico, in una terra che sembra la Germania.

IL GIOCO. Il master mi ha detto che a un certo punto incontrerò gli altri cinque personaggi-giocatori e fingerò di aiutarli, ma il mio compito segreto è di farne fuori uno - il mago - con uno stiletto traditore. E allora sono qui che tiro dadi. Che poi sono frecce, sul nemico invisibile che ha fattezze di mostro. Sto seduto al tavolino, ma in realtà sono ai piedi di una collina. E faccio la mia bella strage, approfittando di «un vento nero di odio», (lo chiamano così), che mi cela alla vista. Sto giocando a un gioco di ruolo, che si chiama Martelli da guerra. E sono ospite. Quale cacciatore di taglie, dentro un'avventura che va avanti da mesi, e che in sei- il master e i cinque giocatori - giocano due sere a settimana, ormai padroni dei loro personaggi. Sono studenti di veterinaria e informatica, lettere e biotecnologia, che vestono panni e pensieri di un cavaliere o un elfo, un nano o un mago. Protagonisti di un ruolo che la storia ha assegnato loro, assieme a due scopi primari: il raggiungimento dell'obiettivo individuale, che magari è far strage dei compagni d'avventura, e soprattutto della propria sopravvivenza. Perché nei giochi di ruolo non si vince e non si perde: se va bene si sopravvive.

Questa è una sorta di serata didattica. Per incontrare lo strano mondo dei giochi di ruolo, la passione forte degli adepti («patologica», secondo certi studiosi), la difesa senza crepe di una fede - nel gioco (in sigla, GdR) - che assomiglia a quella degli ultrà del calcio: «Non azzardatevi per nessun motivo a parlar male della mia squadra». Poi, per sapere cosa spinge, per esempio, sei universitari, i ragazzi che ho davanti stasera, a creare una sorta di cenacolo del fantasy o dell'horror dove, racconta Gianfranco (che di questa storia è il master e che perciò dirige i personaggi-giocatori), «ti è concesso fare quelle cose che nella vita di tutti i giorni ti sono impedite». E, infine, per capire come e perché questa virtualità a tavolino possa mandare in cortocircuito.

LA SENTENZA. Javier Rosado, 22 anni, ha cominciato così, per gioco, e ha finito per confondere la fantasia con la realtà. Un mese fa il tribunale di Madrid lo ha condannato a 42 anni di carcere e a 12 il suo complice minorenne. Pazzo per i giochi di ruolo, ma non pazzo - visto che non gli è stata riconosciuta I'infermità mentale -, a un certo punto ha deciso, come tanti altri giocatori, che le confezioni in commercio non gli bastavano più. E ha scelto di esercitare la sua fantasia. Ha inventato un GdR tutto suo e l'ha chiamato Razas, il gioco delle razze: solita miscela di mostri e delitti. Niente di strano, fin quando, la sera del 30 aprile '94, come master del nuovo gioco, ha comunicato al suo gruppo che il GdR passava da virtuale a reale e che il suo personaggio di Lucifero avrebbe ucciso per davvero. Sì, avrebbe cominciato lui, tanto per rompere il ghiaccio.

Il GdR imponeva di assassinare una donna o un vecchio entro le quattro e un quarto di notte. Javier Rosado e Felix M., uno degli altri giocaton. uscito anch'egli dal suo personaggio fantasy per farsi aggressore, escono di casa per uccidere. I1 diano ritrovato a casa di Javier racconta la trama del gioco di quella notte e dà i brividi. Una ragazza sfugge all'aggressione perché in compagnia del fidanzato, anche un barbone, a sua insaputa, si salva. Alla fine saranno otto gli scampati. Ma ormai sono le quattro e un quarto e Javier decide che bisogna uccidere chiunque gli capiti a tiro. Il povero Carlos Moreno, uno spazzino di 40 anni che scende dall'autobus, è accoltellato a morte. La sua agonia dura 15 minuti, perché il rituale preteso dal gioco è macabro e lento. Scrive Javier nel suo diario: «I miei sentimenti sono di una pace assoluta. Sono contento di avere assolto il mio dovere e non mi preoccupa la possibilità che possano scoprirmi. Il nostro asso nella manica è che non conoscevamo per nulla quel tizio né il luogo del delitto né avevamo alcun motivo per fargli qualcosa». Salvo ubbidire alla regola di un gioco.

Hanno fermato Javier soltanto perché uno degli altri giocatori, chiamato a partecipare a un secondo delitto, ha deciso di raccontare tutto alla Polizia. Il processo ha sconvolto la Spagna.E i giochi di ruolo sono finiti di nuovo pesantemente sotto accusa.

LA REPLICA. Ma Gianfranco e i suoi amici non ci stanno a essere criminalizzati. Sono appena tornati dalla mostra dei GdR, tenutasi a Lucca, nell'ambito di Lucca comics & games dal 21 al 23 marzo. E Iì anche loro sono passati dal virtuale al semi-reale, vestendo i costumi del loro medioevo fantastico e dandosele di santa ragione con spadoni imbottiti di gommapiuma. Mostrano le foto dei combattimenti, ma non si prendono sul serio. Piuttosto, preferiscono ricordare quella ragazza in fondo a destra nell'inquadratura: «Peccato che fosse già impegnata». Ma le ragazze nell'ambiente dei GnR non sono molte e spesso si sentono ghettizzate, come Laura che scrive una lettera, pubblicata nell'ultimo numero di Agonistika, un periodico del settore. «È vero, le donne sono poche», spiega Gianfranco, «forse perché la materia dei GdR è comunque fatta di duelli, di scontri, di feriti, di morti ammazzati. Il paesaggio e prettamente maschile, su questo non c'è dubbio, ma non è un problema».

Eppure il gioco, il gruppo, l'avventura possono rischiare di diventare una situazione chiusa e morbosa. «Non per noi. È vero, ogni gioco è una cosa seria e ci si lascia prendere dalla situazione, ma solo qui, a tavolino. Tutto si ferma alla simulazione. Non siamo come quelli che, a Pavia, occupano un terreno e giocano a Killer (il gioco che l'estate scorsa avrebbe spinto in Italia due ragazzi al suicidio, ndr) sparandosi con pistole a vernice e neppure come quelli che in Michigan si danno battaglia in un'avventura dal vero, usando spade e pugnali di cartone. E comunque non è giusto dire che i giocatori di ruolo non hanno ideali e che vivono in un mondo parallelo».Però resta l'impressione che ogni critica, ogni avvertimento sul pericolo dei GdR. tocchi un nervo scoperto, come se si sfiorasse una strana setta.«Sì, perché i giochi di ruolo sono una piccola parte della nostra vita e come tale va protetta. Tanti pensano che possano portare ad azioni cattive, ma l'immedesimazione nel personaggio avviene nell'ambito del gioco. Si tratta solo di una recita».

IL RISCHIO. Serata numero due. Pavia, ma senza pistole di vernice. Un altro tavolo con i dadi a dieci facce, le schede dei personaggi, i duelli mortali. Stavolta si gioca a Advanced Dungeons &Dragons. derivazione di quel D&D che una signora americana ha portato in tribunale come responsabile del suicidio del figlio, ma inutilmente. (Negli Usa contro Dungeons & Dragons si ècostituita un'associazione di genitori che si chiama Badd. E un romanzo di successo, tradotto anche in Italia - Era solo un gioco, Rona Jaffe, Mondadori- racconta la storia di un ragazzo che si immedesima talmente nel personaggio da smarrire il rapporto con la realtà fino ad impazzire, convinto d'essere il Santone impersonato nel GdR).

Il master di Pavia si chiama Andrea ed è presidente di un club di giochi di ruolo con otto sedi in Italia. E con lui il discorso si precisa: «In certi GdR i ragazzi possono rischiare, non i grandi giocatori. E giocato bene un GdR può diventare una vera fiction: poi le mele marce possono essere dappertutto, ma da qui a criminalizzarlo ce ne passa». Un'altra arringa difensiva piena di passione (meno patologica del previsto), ma Andrea e Gianfranco, a loro modo, sono un'elite e ha ragione Luca Giuliano, sociologo studioso dell'argomento, quando scrive che occuparsi di giochi di ruolo vuol dire «occuparsi di giochi difficili». Ma è proprio questo il nodo, che un cacciatore di taglie per una notte (e che ha trovato la pratica di una noia sconcertante...) ritiene delicato e irrisolto: il GdR, o almeno, certi GdR non sono roba per tutti, specie per ragazzi dalla personalità fragile e facilmente suggestionabili. Perché un conto è recitare una sera alla settimana la propria parte, in una sorta di travestimento virtuale, altra cosa è credere drammaticamente d'essere qualcun altro.

Cesare Fiumi

Didascalia a fondo pagina: "LA CACCIA ALLA VITTIMA Javier e Felix, secondo il regolamento del gioco, devono, uccidere una donna, oppure un uomo di umili condizioni. Una ragazza sfugge all'aggressione, un uomo sale appena in tempo sul bus. ". Disegno a margine.

Didascalia a fondo pagina: "L'OMICIDIO A SANGUE FREDDO Sono passate le 4.15, i due ragazzi invasati si avventano su uno spazzino sceso dal bus. Fingono di rapinarlo di 3.000 pesetas. Poi, in un rituale macabro, lo accoltellano a morte.". Disegno a margine.

BOX A MARGINE: LASCIATECI DIVERTIRE COME CI PARE

Mi auguro che possa ricevere molte lettere di questo tenore, firmato Mauro C.: Sette racconta i giochi «al limite» di una generazione di adolescenti che troppo spesso si butta via e piovono lettere. Specie da parte dei giocatori di ruolo, che si sentono perseguitati dai media. Due lettere, quelle di Andrea M. di Pavia e Gianfranco F. di Casalpusterlengo, ci hanno invitato a una partita. E noi ci siamo andati. Le altre hanno aperto un dibattito. Lo avevamo scritto (Sene, n.6): «la lobby dei giochi di ruolo è nutrita e agguerrita». Il concetto è: non criminalizzateci e lasciateci divertire. Lo ripetono M.A. di Udine, Mano M. di Ravenna, Matteo E. di Genova, Simone R. di Cologno, Mana Erica M. di Arona, Andrea M. di Monza e tanti altri.

Suggerisce Marcello A. di Vicenza: posso accettare che i giochi di ruolo siano giochi da adulti, ma solo gli squilibrati perdono il senso della realtà. Chi interpreta l'eliminazione dell'avversario come un'uccisione in una realtà alternativa, è meglio che si faccia curare. Aggiunge Iuri C. di Villastellone (To): se i giovani non riescono più a distinguere il vero dal virtuale, allora è segno che qualcosa non ha funzionato nella società. Spiega Battista B.di Cagliari: mettendo in relazione il dato nazionale dei suicidi con i giocatori di ruolo Usa, che sono 4 milioni, si dovrebbero togliere la vita 500 giocatori l'anno. E invece sono stati accertati non più di 7 suicidi I'anno. Alessandro M. di Arcore: i giochi di ruolo non sono certo prodotti adatti a tutte le età, ma penso che se un ragazzo si fa condizionare, allora porrebbe tranquillamente assumere ecstasy dopo aver sentito cantare da Mary Poppins"La pillola và giù ".

Chiude Gabriele C. di Abbadia Lariana (Lc): il giocatore di ruolo è prima di tutto una persona intelligente, immaginativa e socievole che usa la propria fantasia per divertirsi rimanendo coi piedi per terra. E il dibattito resta aperto.

D&D, Advanced Dungeons and Dragons sono marchi registrati della TSR, inc
Martelli da Guerra e' marchio registrato Nexus Games & Games Workshop.
L'intero articolo e' stato riprodotto per motivi di studio senza il consenso dell'autore.


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