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Sezione speciale sul caso di Spinea

Il demone del gioco

Un piccolo esempio di grande leggerezza giornalistica

Autore: Nicola Bombardelli
Pubblicato su "Dimensioni Nuove" (forse di Novembre 1996)

Carissimi Lettori di DN,

scrivo per parlarvi di alcuni dubbi che mi assillano da qualche mese. Avete mai sentito parlare di "Giochi di Ruolo"? Sapete cosa sono? Avete mai preso parte ad uno di essi? So che alla prima domanda molti di voi potranno rispondere sì, alla seconda però molti meno e alla terza pochi.

Per quanti si stiano chiedendo di cosa sto parlando, spiegherò che "gioco di ruolo" è il termine generico che indica qualsiasi tipo di avventura fantastica simulata sotto la guida di un Narratore che avviene fra vari giocatori, che si trovano seduti ad un tavolo per "vivere" un racconto. L' esempio tipico è quello di un gruppo di amici che decidono di impersonare degli Avventurieri, che il Narratore inserisce in una precisa ambientazione e li pone davanti ad una situazione più o meno critica, dove i Giocatori dovranno far uso del loro ingegno e della loro immaginazione per uscirne bene. Il tutto si svolge, ovviamente, come racconto orale, che può durare alcune ore, a volte giorni.

Detto così, si direbbe che non ci sia nulla di male; ma non vi sembra che un ragazzo, con magari troppa immaginazione, arrivi a interpretare il proprio Personaggio al punto da dimenticarsi che esso non è reale? Può considerare dei nemici di parole, quali sono quelli che incontra nella sua avventura, dei pericoli per se stesso? E se questi nemici sono i suoi compagni di gioco, può arrivare ad odiarli? Anche dopo che il gioco è concluso?

Vi racconterò la storia di un ragazzo, Roberto, di 19 anni, che era un appassionato del gioco di ruolo. Ci metteva impegno, sia quando giocava come personaggio, sia quando faceva il Narratore e faceva vivere avventure ai suoi amici. Non lo conoscevo, e quindi non biasimatemi se non conoscevo i problemi che lo hanno portato, in un brutto giorno, a togliersi la vita. Ripeto, non so perché l'abbia fatto, ma qualcuno crede che responsabile di questa disgrazia sia il gioco di ruolo.

Non posso crederlo, e come me molti altri che hanno questa passione. Ed è proprio questo il punto: questa per noi è una passione, come potrebbe esserlo il calcio o la nutella, ma mai come una droga o un' ossessione. Io non voglio credere che il GdR abbia ucciso Roberto. Mi sento però in dovere di saperlo, e più me lo chiedo più mi sento responsabile della vita dei miei compagni di gioco. Non stiamo forse varcando la soglia della fantasia, e perdendo il contatto con la realtà? Io credo di no, ma vorrei esserne certo.

Nella Storia Infinita di Michael Ende, Bastian dovette dar retta ai sogni per il bene dell' umanità, e questo mi suggerisce che forse dovrei imparare da questo libro, ma si tratta pur sempre di un libro, un parto della fantasia di un uomo. Aiutatemi a trovare una ragione per questa scelta.

Pubblicato su concessione dell'autore


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