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Rassegna stampa sul fatto di Torino

A cura di: Giulio Pico con i contributi dei soci

Credo sia doveroso, dopo aver fatto una piccola rassegna stampa dei giornali di oggi, fare il punto sull'atteggiamento dei media circa l'argomento ludico.

Appresa ieri sera la notizia, peraltro amplificata a dovere dal buon Mentana al TG5 (meno intelligente che in altre occasioni, proprio lui che in una recente intervista a Panorama aveva dichiarato che il suo passatempo preferito è giocare a calcio con la Playstation con il figlio...), del caso del giovane Alessandro di Torino, ho raccolto gli articoli di oggi dei quotidiani:

I fatti:

Un ragazzo, di età imprecisata, passa 5 notti a giocare a Street Fighter nei panni di Ken, al sesto giorno scappa di casa e viene ritrovato dai Carabinieri in periferia ed in stato confusionale. Rimane in cura un mese in ospedale sotto psicofarmaci. Sta meglio.

Le cronache:

Il punto è che stavolta per fortuna la maggior parte degli articolisti sono stati prudenti, in qualche caso intelligenti, tanto da quasi difendere il Videogame e non condannare il solito capro espiatorio di turno.

L'analogia di settore con quello del GDR è tale da far rientrare il caso emerso ieri fra quelli di interesse della mailing list (almeno credo. Non ho ancora letto messaggi in merito al momento di scrivere questa mail, e spero di non ripetere cose dette da qualcun altro).

La Repubblica offre un doppio paginone (pg. 14-15) in cui i titolisti si sono scatenati: INCHIESTA SUL RAGAZZO SCHIAVO DEL VIDEOGAME e GLI HO MOLLATO UNO SCHIAFFO M'HA DETTO, SONO KEN (dichiarazione del padre, NdR). Inoltre 2 interviste: una al padre e una al Prof. PierMaria Furlan (dipartimento di salute mentale università di Torino).

Il padre in uno slancio di furbizia dice: "mi ero accorto che da una settimana mio figlio non dormiva la notte per giocare con la play." (Bravo genitore, invece di appioppargli un ceffone e sequestrargli la console, lo lascia agire indisturbato... NdR) "Come potevamo pensare che la playstation fosse un veleno?"

"A dosi di 10 ore al giorno anche Heidi è velenosa..." dice il Prof Crosignani, promario di psichiatria a Torino,su Il Giornale.

Su La Repubblica il Prof. Furlan dal canto suo, dopo un preambolo su Internet parla di fotosensibilità e cita il paragone fra TV e videogames, entrambe fonti di luci intermittenti.

Lo psichiatra Paolo Crepet (già tristemente noto a me per i fatti di Spinea) spara ad alzo zero sui produttori, creatori di giochi inutilmente aggressivi, assolutamente diseducativi ed eticamente inaccettabili.

L'Avvenire è più tenero del solito. La psichiatra che ha curato il ragazzo, Dottoressa Ruschena, dice a proposito dei giochi: "non criminalizziamoli. Il ragazzo ha alle spalle un contesto familiare non proprio favorevole, dopo aver perso alcuni anni ha abbandonato la scuola e riempiva così le ore di ozio nelle sale giochi o a casa coi videogames."

Rincara la dose Giuseppe Romano, vice direttore di Studi Cattolici: "In una lunga intervista parla degli studi che dimostrano come i giochi non favoriscano la violenza ma anzi la esorcizzino." Cita il caso di Madrid, della carta che disse ai ragazzi di uccidere un anziano grasso (Magic ancora?!?) come caso di sopravvalutazione del prodotto. Se la prende poi con la famiglia, supporto che non c'è stato, eccetera eccetera. Happy End: "Non dobbiamo guardare la TV ma stare con la famiglia".

Sul corriere della Sera più o meno le stesse cose; chiosa finale del neuropsichiatra Federico Vigevano del Bambin Gesù di Roma che sostiene che i casi come quello di Alessandro nascondono patologie preesistenti.

Su Il Gazzettino ottimo intervento di Antonio Alberto Semi in prima pagina, che addita i genitori per il loro comportamento e assolve i giochi, concludendo che non si può vietare il vino perchè qualcuno si ubriaca...

La Nazione/ Resto del Carlino sbatte la notizia in prima pagina con il seguente titolo: "Sono Ken" e un ragazzo si perde nel videogioco". La pagina dedicata al fatto (pag. 5) ospita un breve articolo di cronaca, un intervista al neuropsicologo Daniele Pauletto, una scheda intitolata "i game sotto accusa", che presenta quattro giochi senza chiamarli però per nome (si riconosce Carmageddon) probabilmente per non fare pubblicità, e un taglio basso dedicato a Pokèmon, che non c'entra nulla ma come dice Elio piace ai giovani.

In controtendenza ovviamente c'è ancora Crepet su La Nuova Venezia: "questi divertimenti sono come l'ecstasy" e via a citare Carmageddon e Grand Theft Auto.

Ma l'articolo forse meno accettabile dell'intera vicenda compare su "Famiglia Cristiana" del 28/11/99, all'interno dell'editoriale, dal titolo "L'evasione nel Mondo Virtuale":
".... Come al solito non bisogna fare di tutta l'erba un fascio. In realta' il caso, estremo, del ragazzo di Torino, aiuta anche a capire. Anzitutto noi sappiamo che vi sono dei giochi ("di ruolo") che possono avere effetti devastanti su soggetti deboli. Ma non si tratta di giochi elettronici, anzi. I "giochi di ruolo" possono essere creati anche con mezzi semplicissimi o addirittura con la sola fantasia. Non è poi novita' che l'atmosfera di molte sale da gioco sia talora pericolosa....".

Commenti:

Che dire. E' dal 1995 che continuo a dire che il bicchiere, circa il comportamento dei giornalisti, è mezzo vuoto. Cambio opinione, è mezzo pieno. Gli unici nei vengono dai redattori titolisti, che pur di vendere scrivono a caratteri cubitali cose che vengono smentite persino negli articoli stessi.

Comunque la tendenza forse sta cambiando: speriamo che ciò profetizzi scelte editoriali meno scandalistiche.


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